MOTIVAZIONI DELL’OPERA
Lo scenario attuale
Il bacino idrografico del Torrente Enza è caratterizzato da un regime idrologico torrentizio con una marcata variabilità stagionale: circa il 10% delle precipitazioni totali annue cade nel trimestre estivo, causando limitati deflussi. Una parte considerevole del volume medio che scorre nell’Enza (circa 290 milioni di m³ all’anno) defluisce nel Po in tempi sempre più limitati, non consentendo una gestione utile delle attuali derivazioni idriche.
I fabbisogni idrici totali della Val d’Enza (dato di input non modificabile per il DOCFAP), desunti dallo studio dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po del 2020, sono:
- uso potabile (a fini qualitativi) data l’elevata concentrazione di nitrati nelle acque di falda si prevede un futuro prelievo da acque superficiali: 10.900.000 m³/anno.
- uso industriale (da acque superficiali): 1.550.000 m³/anno.
- uso irriguo (al campo): 59.280.000 m³/anno.
Nello stato di fatto, senza la realizzazione di alcuna nuova opera, le previsioni idrologiche hanno evidenziato che la domanda idrica industriale è soddisfabile mentre la domanda irrigua alla fonte – ovvero prima del trasporto e della distribuzione agli utilizzatori – risulta gravata da un deficit significativo. Con un tempo di ritorno di 30 anni (il periodo di riferimento utilizzato per il dimensionamento), il deficit idrico irriguo ammonta a 80.380.000 m³ alla traversa di Cerezzola, nel punto dove inizia il sistema di distribuzione irriguo. Le proiezioni sui cambiamenti climatici indicano che tale deficit potrebbe aumentare fino al + 10,5% nel futuro lontano (dal 2041 al 2069).
Descrizione dell’intervento
Il Documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP) è lo studio che deve valutare l’impatto della realizzazione di “azioni sinergiche” per la riduzione del deficit idrico e le alternative di progetto per rispondere al problema.
Per quanto riguarda le azioni sinergiche analizzate, queste includono sia interventi strutturali che di efficientamento, quali:
- realizzazione di piccoli invasi aziendali/interaziendali (volume ipotizzato pari a 250.000 m³/anno);
- stoccaggi consortili (realizzabile solo presso la Cava Castellana, con un volume di 600.000 m³/anno);
- recupero della capacità di accumulo degli invasi ENEL esistenti (Lago Verde, Lago Ballano, Lago Paduli), per un totale di 3.860.000 m³/anno destinabili all’irrigazione);
- recupero dei reflui civili dagli impianti di Roncocesi (1.240.167 m³/anno al campo) e Monticelli (390.000 m³/anno al campo);
- realizzazione di un piccolo invaso lungo il torrente in località Currada (volume pari a 480.000 m³);
- realizzazione di due nuovi pozzi irrigui a servizio del Consorzio di Bonifica Parmense (volume pari a 400.000 m³/anno);
- riduzione delle perdite idriche nei canali irrigui, dall’attuale 50% al 35%, tramite l’impermeabilizzazione di circa 114 km di canali irrigui.
L’implementazione delle azioni sinergiche ritenute fattibili comporta una riduzione significativa del deficit idrico irriguo. Tuttavia, rimane un deficit irriguo residuo: infatti, con un tempo di ritorno di 30 anni, il deficit residuo post-realizzazione delle azioni sinergiche resta ancora pari a 48.360.000 m³.
Questo deficit residuo, sommato al fabbisogno idropotabile qualitativo (10.900.000 m³/anno), deve essere sopperito dalla costruzione di uno stoccaggio idrico in ambito montano, ovvero di una diga, realizzata nella parte montana del bacino idrografico, la cui funzione principale è l’accumulo e la regolazione delle acque superficiali ma svolge anche un’importante funzione di produzione di energia pulita e di laminazione indiretta delle piene
L’obiettivo fondamentale della diga, nel contesto della Val d’Enza, è soddisfare il fabbisogno idrico residuo (deficit) che non può essere colmato con le sole risorse attuali o con le azioni di efficientamento della rete idrica (azioni sinergiche).
Lo scopo della diga è di consentire un utilizzo plurimo delle acque, attraverso le seguenti funzioni:
- regolazione del flusso: cattura la grande quantità di acqua (circa 290 milioni di m³ all’anno nel torrente Enza) che altrimenti defluirebbe rapidamente nel fiume Po durante i periodi di elevata portata (autunno e inverno), rendendola disponibile nei mesi di magra estiva in cui la domanda è massima;
- sicurezza idrica: l’accumulo mira a garantire acqua sufficiente e sicura (water safety) per le persone, l’agricoltura, l’industria e l’ambiente, aumentando la resilienza dei sistemi idrici di fronte a siccità prolungate e cambiamenti climatici;
- fabbisogno qualitativo potabile: fornisce una risorsa superficiale (la stima è di 10.900.000 m³/anno) da potabilizzare, necessaria per l’integrazione qualitativa dell’approvvigionamento di acqua potabile, risolvendo il problema dell’elevata concentrazione di nitrati nelle acque sotterranee di falda;
- deflusso minimo vitale (DVM): l’invaso deve essere dimensionato tenendo conto anche del volume idrico da destinare a fini ambientali e di tutela della fauna e della flora acquatica, garantendo il rilascio del deflusso minimo vitale per sostenere la funzionalità ecosistemica del corso d’acqua.
Il DOCFAP ha valutato la realizzazione di una o più dighe in ambito montano ed ha determinato la fattibilità tecnica ed economica di due localizzazioni:
- una diga in località Le Gazze (Stretta delle Gazze).
- una diga in località Vetto (Stretta di Vetto).
Gli studi geologici e geotecnici preliminari hanno portato ad escludere la realizzazione di due dighe di dimensioni minori una sul torrente Lonza e l’altra sul torrente Bardea a causa dell’elevato rischio di frana nelle aree di ubicazione degli sbarramenti.
Un invaso montano, quindi, è un’infrastruttura complessa e strategica che agisce come una riserva d’acqua gestita, essenziale per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per il mantenimento degli equilibri socio-economici e ambientali del territorio.